Da Edward Hopper a Andy Warhol, l’America del Novecento

  Questo articolo fa parte del numero 25 del MichePost, uscito in formato cartaceo l’8 maggio 2021


E’ molto complesso stabilire una data d’inizio dell’Arte americana, di cui però senza dubbio si può iniziare a parlare già dalla metà dell’Ottocento e che otterrà poi sempre più successo a partire dai primi anni del XX secolo. Negli anni ‘30 del Novecento,infatti, Edward Hopper realizzava alcuni tra i più celebri dipinti del secolo nei quali rappresentava le sue note scene “cinematografiche”, proprio come se i personaggi fossero inquadrati da una cinepresa. Questa somiglianza con la cinematografia non deve stupire: molti film infatti hanno “ripreso” le particolari inquadrature di Hopper, da La finestra sul cortile di Hitchcock fino al più recente La La Land di Chazelle. L’uso delle ombre, delle luci, l’attenzione al contorno e all’ambientazione sono le caratteristiche che più distinguono il pittore. Sono infatti sue le parole “io non voglio dipingere la gente che gesticola e che esprime emozioni, quello che voglio fare è dipingere la luce su di un lato di una casa”. Hopper dipinge scene di vita quotidiana in cui però i soggetti sono tendenzialmente soli o chiusi nei loro pensieri, in silenzio e solitamente con uno sguardo triste e assente. Del resto non dobbiamo dimenticarci il periodo in cui Hopper vive: è il periodo della cosiddetta Grande depressione. Gli Stati Uniti registrano tassi altissimi di disoccupazione e l’economia attraversa un grande momento di crisi. 

Altri artisti noti vissuti negli stessi anni sono Andrew Wyeth e Norman Rockwell. Le opere di Wyeth sono malinconiche e misteriose (è emblematico il personaggio raffigurato in Turkey Pond). Rockwell invece è rimasto famoso principalmente per le sue opere politiche a favore dei diritti umani e civili, evidenti in particolare nel dipinto Il problema con cui tutti noi viviamo che raffigura una bambina di colore scortata da 4 uomini perché oggetto di insulti, come visibile nel muro dietro di lei (nel muro ci sono le lettere KKK in riferimento al Ku Klux Klan e ai suoi violenti attacchi razzisti).

Infine, arrivando a giorni più vicini ai nostri, troviamo il celeberrimo Andy Warhol, personaggio impegnato su più fronti: dalla pittura alla scultura, dal cinema alle pubblicità. Notissimo il suo The Shot Marilyns: 4 tele rappresentanti ciascuna un ritratto di Marylin Monroe con sfondi di vari colori. La sua vera peculiarità è però che ogni tela ha un foro di proiettile: un’amica di Warhol, Dorothy Podber, lo andò a trovare e gli chiese se poteva sparare al quadro, il pittore pensando intendesse dire “fotografare” acconsentì. La donna prese un revolver e sparó realmente al quadro da quel momento noto come The Shot Marilyns. Le numerose Marylins dell’artista sono delle vere e proprie icone, come le sue opere che raffigurano coca-cola in ogni colore, in ogni posizione e con ogni tipo di sfondo (interessante in questo senso sarà la mostra che inizierà il 28 maggio, pandemia permettendo, a Palazzo Strozzi a Firenze in cui verranno esposte una serie di opere dal 1961 al 2001, comprese quelle di Warhol). Andy Warhol è uno degli esponenti emblematici della pop art: la corrente che prende il nome da “popular art” si propone infatti di raffigurare oggetti messi in commercio e prodotti in serie (coca-cola appunto, ma anche “barattoli di minestra Campbell”). La pop art dunque ha un forte legame con la società americana: mentre con Hopper si osservava il decadimento e la desolazione dell’America degli anni ‘30, ora con Warhol si presenta il problema opposto. Il consumismo, la televisione, i mezzi di comunicazione diventano oggetto dell’arte, non necessariamente per critica, ma più come testimonianza di una certa mentalità.

A cura di Ludovica Straffi

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