Sono le 6:30 dell’11 agosto 1944. Nei dintorni di Firenze la Resistenza è pronta a prendere le armi per liberare la città, desolata dopo un anno di bombardamenti, fame e paura. I partigiani si avvicinano sempre di più al nemico, alle case (forse le loro) ormai ridotte in rovina, all’Arno che scorrendo porta con sé distruzione e memorie di un passato migliore. Firenze è avvolta da una quiete agghiacciante, ma alla sua vista son pochi i militanti che rimangono imperturbabili, mentre la maggior parte di loro respira un’afa soffocante, e a tratti l’anima gli cede a spasmi.
A separare le brigate dall’entrare in città v’era solo Ponte Vecchio; tutti gli altri ponti erano stati fatti saltare in aria dai Tedeschi nella notte del 3 agosto, ma il Führer in persona aveva ordinato che solo uno ne rimanesse in piedi, il suo preferito: ed ecco come Ponte Vecchio è uscito quasi intatto da bombardamenti e scontri, preservato fino alla fine della guerra.
Alcuni partigiani rossi, in particolare quelli della Brigata Sinigaglia, erano già penetrati a Firenze a seguito della distruzione dei ponti. Ma tutti gli altri della Resistenza, rossi, bianchi o blu*, donne o uomini, italiani o stranieri, uniti sotto il CTLN (Comitato Toscano di Liberazione Nazionale) organizzavano un’entrata in città proprio quell’11 Agosto, data in cui decorreva – o per lo meno iniziava – la liberazione dai nazifascisti non solo a Firenze, ma anche in tutta la Toscana.
Allora, sono le 7 del mattino, inizia la liberazione: suona la campana di Palazzo Vecchio, la ‘Martinella’, ed invita tutti a celebrare una vittoria ancora non conquistata. È vero, sì, che i partigiani e gli Alleati entrano quasi trionfalmente in città, ma il nemico ancora c’è e non da alcun segno di abbandonare o cedere. Anzi, i tedeschi, stanziati a Firenze Nord, tentano invano di occupare piazza San Marco, ingaggiano frequentemente combattimenti e continuano a bombardare; senza dimenticare che numerosi franchi tiratori e tiratrici, quali fedeli segugi del Duce, sono appostati sui tetti a mirare su civili e soldati. Così i combattimenti si protraggono fino ai primi giorni di settembre, per poi non ricominciare mai più.
Allora le bombe smettono di volare sopra Firenze, i nazifascisti abbandonano il territorio, i cittadini fiorentini hanno di nuovo la città e la libertà. Una libertà tanto sofferta che, però, è costata centinaia di morti e milioni di feriti tra la popolazione e le forze del Comitato, e che si accompagna ancora al timore per un futuro incerto e apprensione per la vita propria e dei cari.
Firenze, come tante altre città in Italia e nel Mondo, a seguito della fine del conflitto è risorta dalle sue ceneri; anzi, la sua rinascita continua ancora oggi nella memoria dei suoi cittadini. Per questo oggi, a ottant’anni dalla battaglia, testimoniamo una storia a cui tutti i fiorentini più o meno direttamente hanno contribuito e continuano a farlo. Così ricordiamo che la liberazione non è stata solo dei rossi, non solo contro i fascisti, non solo per puro patriottismo: liberazione per l’Italia ha voluto dire rinascita, nuove possibilità e, soprattutto, speranza.
*I colori usati per riferirsi alle diverse forze partigiane, in base alle casacche dei rispettivi partigiani: rossi=comunisti, bianchi=cattolici e democristiani, blu=badogliani
A cura di Agnese Tozzi