Sabato 11 novembre arriva ai telegiornali la notizia della sparizione di due ragazzi veneti, Giulia Cecchettin e Filippo Turetta. All’inizio sembra un semplice caso di sparizione, poi però, col passare dei giorni e le indagini che continuano, l’ansia cresce, cominciano a comparire le prime ipotesi di violenza e di omicidio, femminicidio. Tutta l’Italia rimane appesa ad un filo sottilissimo di speranza, pregando che non si tratti dell’ennesimo caso di una fine ingiusta e dolorosa, ma poi arriva, esattamente 7 giorni dopo la scomparsa, il 18 novembre arriva la notizia del ritrovamento del corpo di Giulia Cecchettin, brutalmente uccisa da 20 coltellate e lasciata in un fosso.
Tutta l’Italia soffre e piange di fronte alla 105esima donna uccisa, davanti alla 105esima vita strappata da un uomo con manie di controllo, raggiunta pochi giorni dopo dalle vittime numero 106 e 107.
Si piange tanto e si piangono lacrime amare, di paura, di impotenza ma soprattutto di rabbia.
Giulia aveva conosciuto Filippo all’università di ingegneria biomedica di Padova. Lui era carino, simpatico, divertente, un “bravo ragazzo” come si suol dire, erano innamorati, dopotutto sono stati insieme quasi due anni. Filippo però col passare del tempo diventa geloso di Giulia, delle sue molte uscite con le amiche, diventa possessivo, vuole sempre controllarla (come dice la sorella Elena Cecchettin). Questo a lei non sta bene. Ad agosto decide quindi di lasciarlo, ma non lo lascia davvero, continua a vederlo, a stargli accanto. L’amore si trasforma in amicizia, ma qualcosa nelle ultime settimane cambia ancora una volta. Filippo è invidioso della sua amica che sta per laurearsi, smette di mangiare, non esce, diventa apatico, avanza ogni volta la proposta di tornare insieme, cerca di usare la sua tristezza per manipolarla e Giulia divorata dal senso di colpa non può fare a meno di assecondarlo. La sera dell’11 novembre Filippo e Giulia si incontrano per passare una serata tranquilla, vanno a cenare al Mc Donald’s, poi però se ne perdono le tracce. Alle 23 della stessa sera un vicino sente una coppia litigare, una ragazza urlare e vede che l’uomo la spinge nell’auto. Erano loro. L’ultima immagine della coppia appare in una telecamera privata di un’azienda del comune di Fossò e le parole di Giulia sono “Mi fai male”.
Dei ragazzi poi non c’è più traccia, i genitori presentano la denuncia, i carabinieri rintracciano la macchina di Filippo che nei giorni seguenti continua a muoversi verso nord, vengono trovate delle tracce di sangue nella zona di Fossò da dove il vicino aveva telefonato ai carabinieri, l’ipotesi ormai circola nell’aria, le ricerche continuano ma il 18 novembre quel filo sottile di speranza a cui tutta l’Italia era rimasta sospesa, si spezza.
Quando Filippo è stato arrestato ha pronunciato queste parole: “Ho ucciso la MIA ragazza”. Peccato che Giulia non fosse più sua, non era più sua da quando la controllava ossessivamente, non era più sua da quando lei lo aveva lasciato e non era più sua da quando l’ha uccisa.
Giulia Cecchettin è l’ennesima vittima di una società patriarcale, basata su una visione della donna che risale a quella degli scorsi secoli. La donna è un oggetto che l’uomo possiede, non è una persona, è impossibilitata a prendere decisioni, ad essere indipendente, a ricoprire un ruolo di qualunque genere che non sia l’essere una madre, una moglie, una cuoca.
Ci illudiamo di aver fatto passi avanti nella parità di genere, ma ancora sussiste il gender gap,, ci sono ancora episodi di mobbing di genere negli uffici e ancora episodi di violenza fisica, verbale e psicologica che ancora non è stata proibita, in quanto, nonostante si continui a ripetere che ciò non deve più succedere, che si cercherà di prevenire questi esiti così drammatici, quando in senato bisogna discutere della legge contro la violenza sulle donne, questo è vuoto. È necessario comprendere che la donna è una persona, che ha interessi, sogni e speranze, che è in grado di decidere per sé e che non deve più essere obbligata a dire: “SE TOCCA A ME VOGLIO ESSERE L’ULTIMA”.
A tutte le ragazze e le donne che state leggendo questo articolo – ora mi rivolgo a voi – se avete bisogno di aiuto o vi trovate in una condizione di pericolo possibile o effettivo CHIEDETE AIUTO, esiste un numero, il 1522, CHIAMATE, perché dovete proteggervi, perché non vogliamo un’altra Giulia, perché non c’è più posto per un’altra Giulia.
A cura di Gaia Spigai