Ieri, sabato 4 marzo, durante il vastissimo corteo antifascista, tra un coro e un altro, abbiamo notato la presenza Emanuele Fiano, ex parlamentare dem celeberrimo per la proposta dell’omonima legge.
Questo decreto, mai approvata a causa dello scioglimento anticipato delle Camere nel dicembre 2017, prevedeva l’introduzione dell’articolo 239-bis nel codice penale, ovvero l’aggravante per propaganda del regime fascista e nazi-fascista. Ci siamo fermati a parlare con lui.
Perché è qui oggi, in proprio o per il partito?
Per me è la stessa cosa. Il mio partito impersona i miei valori e oggi più che mai, in questo corteo, sono valori di difesa dei principi della nostra Costituzione. Oggi qui difendiamo prima di tutto il valore, come ha detto la preside [Annalisa Savino, preside del liceo Leonardo da Vinci n.d.r.], della battaglia contro l’indifferenza di fronte alla violenza; in secondo luogo un altro principio fondamentale proprio contro le parole che il Ministro Valditara ha usato contro la stessa paventando delle ritorsioni. Noi vogliamo difendere il diritto costituzionale alla libertà d’insegnamento: questa preside è un’insegnante e ha il diritto inviolabile di trasmettere ai suoi studenti i valori nei quali crede. Terzo, perché sentiamo aria di sdoganamento di nuove parole e atteggiamenti in alcuni esponenti politici e bisogna mettere un freno. La massa di persone oggi qui è un ottimo segno, così come la massa di persone andata a votare alle primarie del PD.
Lei è il politico che forse più di tutti in parlamento ha rappresentato l’antifascismo e i suoi valori. La manifestazione di oggi è anche una lotta antifascista?
Assolutamente sì. Cerchiamo di togliere una finta polemica da ciò che si dice nel dibattito: nessuno di noi antifascisti crede che in questo momento in Italia ci sia il rischio che domani mattina ritorni il Duce risorgendo dalla tomba o che ritorni un Partito Nazionale Fascista, la Storia non si ripete uguale, ma ci sono altri possibili rischi. La democrazia liberale nella quale, per fortuna, viviamo ci è stata donata da chi ha fatto la mia Resistenza, da chi ha scritto la Costituzione, dagli alleati che hanno liberato questo paese, ma la democrazia non è per sempre. Le democrazie liberali hanno momenti di difficoltà, di crisi: abbiamo registrato alle ultime elezioni regionali un pazzesco abbassamento dell’affluenza e anche alle elezioni politiche il tasso di affluenza è stato molto basso. Ci sono proposte in giro, Putin o Orban, che ci chiedono di passare da un modello di democrazia liberale a un modello di democrazia illiberale. C’è qualcuno, in Italia, che cerca di cambiare legittimamente il sistema di organizzazione della nostra democrazia, proponendoci nuovi sistemi presidenziali, racchiudendo i poteri di più nelle mani di una sola persona e dunque la paura non è del ritorno di un fascismo mussoliniano, ma la possibilità che, in Europa e nel mondo, ci siano meccanismi di cambiamento che ci portino su una strada diversa da quella che abbiamo vissuto fino ad adesso. Non esiste un pericolo fascista, ma la preoccupazione che alcuni valori costituzionali possano affievolirsi.
Per quanto riguarda il silenzio del partito di governo in merito ai fatti che il 18 febbraio si sono consumati di fronte al nostro liceo, secondo lei la mancata espressione di una ferma condanna è sinonimo di post-fascismo?
Secondo me il governo degli italiani dovrebbe dichiararsi antifascista. Non basta essere afascisti. La nostra Costituzione è antifascista, in particolar modo la Dodicesima disposizione finale transitoria che vieta la ricostituzione del disciolto partito fascista in qualsiasi forma è la firma dei nostri padri costituenti all’antifascismo della Carta.
La Meloni non è fascista ma ha difficoltà a condividere col nostro paese un valore fondamentale della Repubblica che è l’antifascismo. Questo è assolutamente un limite. In un paese civile bisogna condividere il racconto completo della storia. Anche le parole del presidente La Russa offrono spunto di riflessione. Non basta, infatti, dire che il male assoluto del Paese furono le leggi razziali. Quando queste arrivarono, infatti, nel 1938, gli antifascisti erano già in carcere da dieci anni. Non si può dire che Mussolini ha fatto anche cose buone. Il fascismo è l’emblema di che cosa non può essere una democrazia o un sistema liberale. Voglio ribadire che non ho paura di un ritorno del fascismo nei termini del Ventennio. È tuttavia necessario applicare la legge Scelba, la legge Mancino, e sciogliere le associazioni neofasciste in Italia, come chiedemmo quando ci fu l’assalto alla sede romana della CGIL durante la manifestazione no-vax del 9 ottobre 2021. L’antifascismo deve essere un valore comune di tutta la politica italiana.
A cura di Niccolò Generoso