Partiamo dalla nostra comune base politico-ideologica (insieme a poche altre): il concetto di merito è sacrosanto. Io ritengo che il merito debba essere il motore primario dell’ascensione sociale; che esso, checché ne dica qualche disfattista, non sia un’ utopia, una favola raccontata da una persona sicuramente ingenua o, peggio ancora, in malafede. Il merito è la sola e unica caratteristica, la sola e unica peculiarità, che ci dà il diritto di arrivare prima o dopo, di raggiungere più o meno successo, più o meno guadagno.
“Ma quindi credi davvero che tutti gli uomini di successo lo siano in base al loro merito, e credi davvero che tra la folla di dimenticati da questa società non vi sia nessun individuo che sarebbe dovuto essere al loro posto?” Assolutamente no, anch’io riconosco che all’atto pratico la meritocrazia sia uno strumento, in parte, fallace. Tuttavia, come la storia ci insegna, non esiste strumento umano in grado di raggiungere la perfezione. Vi faccio un esempio: io riconosco fermamente numerosi limiti nel sistema di governo che noi, riempiendoci fieramente la bocca, chiamiamo democrazia, eppure ne sono, al contempo, un accanito sostenitore: sono forse pazzo? Certamente no, signore e signori, perché la democrazia è un sistema che, diciamolo, fa acqua da tutte le parti, ma è la miglior forma di governo mai esistita fino a oggi. E il medesimo pensiero si può facilmente trasportare sul piano del merito: io non credo assolutamente che la “vera meritocrazia” si possa raggiungere, credo tuttavia che ci si debba dar da fare, affinché vi si arrivi il più vicino possibile, affinché questa meritocrazia possa venir toccata, da ognuno di noi, con la punta delle dita. E, dunque, nonostante varie contraddizioni e svariate ingiustizie, credo che, almeno per quanto riguarda un paese occidentale e democratico come lo stivale, il metro di giudizio del merito sia, tutto sommato, uno strumento che funziona bene; non sarà perfetto, ma funziona bene.
Da qui si può agilmente evincere la mia posizione sul sistema valutativo. I voti sono solo numeri e l’unicità e il rendimento della persona non si possono stabilire attraverso un semplice e grigio numero. Oltre a ciò i voti non tengono conto della condizione economica e sociale di partenza, perciò non fanno distinzione tra un ricco, e magari figlio di grecisti, e un altro meno abbiente che non ha i soldi per permettersi le ripetizioni. E qui l’individuo pessimista si ferma sicuramente a guardare queste divisioni, queste crepe sociali, create dal barbaro sistema del merito. Ma se ci fermassimo tutti insieme, qui, adesso, a pensare a quanto bene, a quanta giustizia, d’altro canto, abbia portato la meritocrazia, ciò cambierebbe. Per ogni figlio di papà agevolato rispetto a un figlio di immigrati, pensate a quante persone povere, in seguito ai “voti alti”, sono state lanciate nel mondo del lavoro con successo, anche attraverso lo strumento delle borse di studio, simbolo del fatto che la meritocrazia non aiuti solo i ricchi, come qualcuno si ostina a pensare. Pensate a quanti figli di super imprenditori, sentendo che tanto la vita avrebbe loro dato tutto, hanno trovato l’opposizione della scuola, che attraverso un’ insufficienza, un rapporto o una bocciatura ha fatto capire loro che puoi essere chiunque, ma, senza talento e sacrificio, la scuola non premia nessuno. Il vero problema, più che altro, a parer mio, si annida nel sistema fortemente burocratico e basato sulla raccomandazione, che caratterizza il mondo del lavoro italiano, è quello il vero morbo del nostro paese. Risulta tuttavia evidente come non sia l’abolizione del concetto di merito a distruggere queste infezioni (sarebbe come far esplodere un palazzo per uccidere una zanzara). Infine, riguardo alla scuola e alle valutazioni, la scuola occidentale e, in special modo, italiana ha da sempre forgiato menti dall’ingegno sublime, gli studenti dei licei italiani hanno una cultura da far invidia a chiunque e i nomi dei nostri connazionali all’estero non passano mai inosservati.
Il sistema del merito, pur con tutti i problemi che è destinato a trascinarsi alle spalle, è miglior strumento in grado di creare competizione sana tra individui e di stabilire chi arriva più avanti e chi rimane più indietro, cercando, magari, un giorno, di far sì che tutti partano dallo stesso punto. Questo sistema, in particolar modo riguardo alla scuola, credo sia quello giusto.
A cura di Federico Palumbo