Senza verso. Un’estate a Roma è un libriccino che si legge piacevolmente in una serata.
Trevi riesce a mescolare insieme ricordi personali, urbanistica dell’Urbs, nozioni sul culto di Mitra e qualche chicca letteraria sullo sfondo di un’afosa estate romana.
Questi elementi disparati, apparentemente affastellati, trovano la loro armonia ruotando attorno alla storia di Pietro Tripodo, poeta dimenticato e amico intimo di Trevi.
L’autore parla dell’amico con molta discrezione e riserbo, come se la dovizia di particolari fosse incapace di descrivere “[…] Pietro, il mitissimo e spaventato Pietro, che considerava sommamente improbabile, lui per primo, la sua esistenza”. (E. Trevi, op. cit., Laterza Bari, 2021, p. 51).
Come in Due vite (2020) la scrittura si dimostra necessaria per mettere a fuoco, conservare e far sopravvivere, anche all’infuori della propria memoria, il ricordo delle persone che non vivono più.
Trevi spazia da linguaggi più colloquiali a registri piú alti; si notano l’attenta ricerca lessicale e gli apprezzabilissimi sprazzi d’ironia.
Non credo che questo libro sia una delle migliori uscite degli ultimi vent’anni, ma per chi cerca una prosa godibile e qualche consiglio letterario di nicchia Senza Verso. Un’ estate a Roma è un titolo valido.
A cura di Elisa Tonti