Il linguaggio della pandemia nella Francia degli impressionisti

 Questo articolo fa parte del numero 24 del MichePost, uscito in formato cartaceo il 19 febbraio 2021


In questo periodo, a causa della pandemia, tutti noi abbiamo prediletto spazi che ci permettano di trascorrere del tempo all’aria aperta, in parchi e giardini, evitando il più possibile luoghi chiusi e riappropriandoci dei posti magici della nostra città, cercando di immergerci nella natura. Probabilmente ci eravamo un po’ dimenticati della piacevolezza di essere circondati da fiori, alberi, a due passi dalla città e magari alla luce di un tiepido sole (anche invernale), perché troppo presi dalla routine giornaliera. Abbiamo quindi avuto l’occasione di apprezzare davvero questa nuova vita en plein air. En plein air in francese significa proprio “all’aria aperta” e indica la “tecnica” di lavoro dei pittori nel periodo artistico dell’Impressionismo.

Questi pittori dunque, come Monet, Cezanne, Renoir, Degas e molti altri, dipingevano immersi nella natura per poter coglierne i dettagli, dipingere tutte le minime sfumature della luce e “catturare” i colori del paesaggio per riportarli nel loro quadro; inoltre, anche l’attrezzatura che utilizzavano era molto agile: colori in tubetto e il così detto “cavalletto da campagna” al fine di poter dipingere i loro quadri, che riuscivano a finire in brevissimo tempo, in qualsiasi luogo si sentissero ispirati (“Per fare questo disegno ci ho messo cinque minuti, ma ci sono voluti sessant’anni per arrivarci”, Renoir).

Sicuramente conosciamo tutti, o per lo meno abbiamo sentito parlare più volte, delle celebri Ninfee di Monet che lui stesso mise in un piccolo laghetto, inserendole nel giardino da lui allestito nella sua casa di Giverny, con varie specie di fiori e anche rappresentato nella sua opera Lo stagno delle ninfee. Variando ogni volta il punto d’osservazione, la stagione, e con la luce in continuo cambiamento, ogni ninfea appare diversa dall’altra. “Mi ci è voluto molto tempo per capire le mie ninfee. Le avevo piantate per il gusto di piantarle, e le ho coltivate senza pensare di ritrarle… Non si assorbe un paesaggio in un solo giorno… E poi, all’improvviso, ho avuto la rivelazione dalle fate del mio stagno. Ho preso la mia tavolozza. Da allora, non ho avuto altri modelli.” Ed effettivamente è proprio così, dato che Monet ha dipinto lo stesso soggetto circa 250 volte, e ha voluto esporre le sue “fate” nel museo dell’Orangerie, da lui ideato, l’11 novembre 1918, all’indomani dell’armistizio, in segno di pace. Monet, a cui tra l’altro l’Impressionismo deve il suo nome, non è però l’unico ad usare la tecnica dell’en plein air: Renoir infatti è un altro celebre artista della stessa corrente che dipinge immerso nella natura. Stanco infatti degli atelier e della monotona vita accademica si reca durante l’estate a Chailly en Bière (anche in compagnia dello stesso Monet) e da quel momento si converte interamente alla pittura en plein air. Dipinge figure femminili e padroneggia la luce e le ombre per rappresentare al meglio la natura.

Un altro tema rappresentato dagli Impressionisti che si lega facilmente alle nostre vite attuali è la rappresentazione di quelli che noi, usando il linguaggio degli ultimi mesi, potremmo definire assembramenti di persone. Causa Coronavirus ci viene ricordato spesso di non creare assembramenti, e forse vedere quadri come Ballo al Moulin de la Galette di Renoir o La colazione dei canottieri può renderci nostalgici di tutti i momenti passati in cui non dovevamo preoccuparci di indossare le mascherine o di mantenere il distanziamento.

Del resto sappiamo bene che la Parigi della fine dell’Ottocento è una città estremamente vivace e che sta diventando proprio in quel periodo una vera metropoli grazie agli interventi del barone Haussmann, che aveva fatto demolire le strette vie della città sostituendole con ampi viali, aveva fatto mettere i lampioni elettrici nelle strade e aveva dato inizio ad un’epoca di progresso in cui Parigi si sarebbe distinta per gli eventi culturali, l’arte, la musica, i balli, le feste, i cafè, i bistrot e i teatri.

Non dobbiamo dunque stupirci se gli Impressionisti più volte dipingono scene di feste, di balli con molte persone o tipici bar parigini con donne dall’aria malinconica (Il bar delle Folies-Bergère di Manet), dato che, come abbiamo detto, gli artisti rappresentano ciò che vedono, ovvero la loro vita quotidiana.

In questo periodo difficile, quindi, proviamo a sentirci anche noi Impressionisti e a trascorrere le nostre giornate nella natura, limitandoci per ora solo a guardare le feste, la vita mondana notturna e i bistrot affollati di Parigi in questi magnifici quadri.

A cura di Ludovica Straffi

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