Venezia e MoSE: apnea di una città

In estate, al ritirarsi di un’onda, Venezia aveva scoperto un graffito impresso su un palazzo: un bambino con una torcia viola in mano e con lo sguardo perso nel riflesso del canale. Attribuito allo street-artist Banksy, è stato seguito, dopo pochi giorni, da una serie di quadri (dello stesso autore), chiamati “Venice in oil”, esposti in Piazza San Marco; riuniti formavano un panorama della piazza col campanile di San Marco. Peccato che i monumenti fossero coperti da un’enorme crociera scintillante. E no, non era uno scherno dell’artista verso la città. Era la cruda rappresentazione della realtà. Con quest’opera, Banksy ha fatto il miglior servizio che potesse dare al capoluogo veneto. Tuttavia, la sua denuncia non doveva essere piaciuta, e dopo poche ore dei carabinieri lo hanno allontanato. Dopo ciò, è iniziata una serie di proteste contro l’entrata delle crociere nella fragile laguna, in seguito anche ad un incidente tra una di queste e un battello. I manifestanti poi sono finiti anche per occupare il tappeto rosso della Mostra Internazionale del Cinema di Venezia. Ma il tutto è finito col suo nascere, e dopo una breve esplosione mediatica, ogni cosa è tornata al suo posto, silenziosa, lasciando ancora navigare indisturbate le crociere proprio davanti a San Marco. 

Il susseguirsi di questi eventi, di proteste inascoltate, è stato quasi un preludio ad un evento terribile che si sarebbe abbattuto sulla città. 

In questi giorni piovosi di novembre, nel buio, l’acqua della laguna è penetrata nella città con una potenza mai vista. Solo l’alluvione del 1966 è stata più disastrosa. L’acqua ha superato il mezzo metro, inondando case e botteghe. I commercianti, nel pieno della notte, hanno realizzato di aver perso enormi guadagni. Merce rovinata e pareti bagnate come spugne, così al mattino si rivela il capoluogo veneto, sconcertato. 

Il presidente della regione Zaia dichiara che ci sono danni da centinaia di milioni di euro, a partire dai monumenti (uno su tutti la basilica di San Marco), levigati in questi giorni dalla marea, che in un moto continuo di ritiro e ritorno non dà scampo ai cittadini e si infiltra in ogni calle e in ogni piazza nascosta, in ogni crepa dei palazzi storici.

Era evitabile una tragedia di questo calibro, che, oltre a distruggere le attività commerciali, ha provocato la morte di due persone? Probabilmente sì, se l’indifferenza (e l’inefficienza) della burocrazia italiana non si fosse insinuata anche in questioni delicate come l’acqua alta di Venezia. Mi riferisco al MoSE (Modulo Sperimentale Elettromeccanico), un sistema di barriere mobili che avrebbe dovuto impedire l’invasione della città da parte dell’alta marea. Il progetto, nato vecchio (i primi studi risalgono al 1988), si è rivelato inconcludente e fonte di arricchimento personale, come ogni grande opera a firma italiana. Circa 5 miliardi e mezzo di euro gettati nel fondale della laguna, fermi nel fango su cui posa il MoSE, iniziato nel 2003 durante il secondo governo Berlusconi. L’ultimazione dei lavori è stata costantemente posticipata, dal 2009 al 2011, poi al 2014 e al 2017, arrivando ad oggi che il MoSE ancora è incompleto, presentando già, per di più, problemi strutturali alle giunture. E in questi sedici anni di rinvii e rallentamenti, non sono mancati gli avvoltoi delle tangenti, attratti dalla putrefazione della grande opera: fino ad ora sono venti i condannati (tra cui Giancarlo Galan, ex Presidente della Regione Veneto per Forza Italia), da un bacino di circa cento indagati.

Ora Venezia, inginocchiata dal morso della laguna, paga gli sprechi di denaro, gli opportunismi politici e quelli economici, dal MoSE fino alle crociere che penetrano nella città. Inoltre, il porto di Venezia è tra i più inquinati d’Europa, viste le ingenti emissioni di CO₂ da parte delle grandi navi. E, come sottolinea anche il climatologo Luca Mercalli, le piogge torrenziali a cui stiamo assistendo sono certamente una caratteristica di questo periodo dell’anno, ma il cambiamento climatico, provocato dall’inquinamento dell’aria, non aiuta. Quello che è successo negli ultimi mesi a Venezia è la concretizzazione di una drastica trasformazione dell’ambiente provocata dall’ignoranza e dalla stupidità umana. Il processo parte dall’emissione irrefrenabile di gas serra, per poi arrivare alle ripercussioni naturali, quali l’innalzamento del livello del mare, destinato a inghiottire le città costiere. In questi giorni Venezia ha tremato, già mezza immersa nella bocca d’acqua.

A cura di Federico Spagna

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