Intervista a una ragazza demisessuale

Cosa significa avere un orientamento sessuale semi-sconosciuto? Come ci si sente ad essere un’adolescente LGBT? Quali sono le difficoltà del coming out? Risponde Vittoria, quindicenne demisessuale e studentessa femminista. 

 

Chi sei e come ti identifichi?

Mi chiamo Vittoria e sono demisessuale. Significa che, per provare un’attrazione fisica, devo aver sviluppato un forte legame con l’altro. In più, mi piacciono solo le ragazze.  

 

Come l’hai scoperto?

Inizialmente non sapevo dell’esistenza di questo termine, ma, dopo averlo scoperto su Internet, ho trovato che si adattasse di più alla mia identità.  

 

Come hai fatto coming out?

L’ho fatto con la mia migliore amica, con la mia classe, con altri amici e con la consulente scolastica, che l’ha detto a mia madre contro la mia volontà. In generale, faccio coming out solo con chi sono sicura che mi supporterà. 

 

Come l’ha presa la tua famiglia?

Mia mamma l’ha presa abbastanza bene, ma le dispiace che la mia vita potrebbe essere difficile a causa del mio orientamento sessuale. Mi ha detto di farmi vedere cordiale, gentile e laboriosa per non subire discriminazioni e per combattere lo stereotipo. Mio babbo non lo sa e, per ora, non ho intenzione di farglielo sapere. È difficile parlargli di queste cose, ma forse quando farò coming out con lui troveremo degli interessi comuni su cui costruire una conversazione. Ho paura della sua reazione perché, pur accettandolo, non comprende l’amore fra due persone dello stesso sesso.

 

Come l’hanno presa i tuoi amici?

Anche gli amici l’hanno presa abbastanza bene, nonostante a volte reagiscano con domande come “Qual è il maschio fra voi due?” e “Allora ti piace la tua migliore amica?!”.

 

Hai avuto paura della reazione degli altri al tuo coming out?

Sì. La mia migliore amica viene da una famiglia molto cattolica, perciò avevo paura che il coming out andasse male; infatti, quando mi ha chiesto se mi piacessero le ragazze, io ho negato. La prima volta che ho preso una cotta per una ragazza, gliel’ho detto e lei l’ha preso benissimo. Ora noi siamo ancora più unite e lei ha una mentalità ancora più aperta. 

 

Hai mai subito discriminazioni?

Alle medie mi prendevano in giro perché sembravo lesbica (mi ero tagliata i capelli corti), anche se io stessa non avevo ancora metabolizzato il mio orientamento, ed ero femminista (difendevo le mie amiche dai nostri compagni di classe che le molestavano).  Non mi è mai capitato di subire l’ignoranza di un appartenente alla comunità LGBT. 

 

Cosa pensi della consapevolezza altrui riguardo alla demisessualità?

Gli altri devono essere istruiti ed educati così da non avere paura.

 

Cosa pensi dell’omofobia?

Credo che non sia una fobia, ma una mancanza d’istruzione e consapevolezza.

 

Vorresti essere etero?

Assolutamente no.

 

Ci sono differenze fra la vita prima di capire di essere demisessuale e ora?

Sì. Adesso so un po’ di più chi sono e sono più felice. Aprendomi con chi mi accetta mi sento più completa: sono consapevole che molti non vengono accettati da nessuno e quindi mi rendo conto di essere immensamente fortunata. 

 

Che cosa vuoi dire a chi, invece, non è fortunato?

Spero che tu trovi qualcuno che ti accetti. Personalmente, se qualcuno non mi accetta, lo esorto a informarsi. 

 

L’accettazione è davvero così fondamentale? Perché?

Di se stessi, sì: siamo obbligati a vivere con noi stessi per sempre. L’accettazione altrui, invece, è un modo per accettarsi. La stima che altri ripongono in noi fa aumentare quella che noi poniamo in noi stessi. Attraverso la stima e l’accettazione altrui, riusciamo a capire di essere abbastanza, di essere degni della stima che ci viene data. Un altro sentimento molto importante è il senso di appartenenza: essendo orgogliosi del gruppo cui si fa parte, si va verso l’autorealizzazione e la felicità. 

 

Cosa pensi del Pride?

Partendo dal presupposto che io non ci sia mai stata, credo che il Pride sia un modo per far vedere agli altri che va bene essere diversi. È un momento in cui puoi essere te stesso, è una valvola di sfogo, è il permesso a non avere più paura, è l’akmè del senso di appartenenza di cui parlavo prima. 

A cura di Elisa Salvadori

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