3 Ottobre 2016, Polonia, migliaia di persone in piazza per il diritto all’ aborto.
Il 22 settembre 2016, il parlamento polacco ha iniziato ad occuparsi del disegno di legge sul divieto di aborto.
Attualmente, nel paese, l’interruzione di gravidanza è consentita in tre casi:
• la gravidanza compromette la vita della madre
• il feto è vittima di malformazioni o mutazioni genetiche irreversibili
• la gravidanza è frutto di uno stupro o di un incesto
Tuttavia, la nuovo proposta di legge prevedrebbe che l’aborto fosse concesso solo nel primo caso. Colei che decide di abortire, quindi, sarà soggetta ad una pena detentiva di cinque anni e così anche il medico che l’ha operata. Tra gli otto paesi in cui l’aborto è illegale vi sono il Vaticano, Guatemala, El Salvador, Malta, Liechtenstein, Cina e San Marino.
Secondo un sondaggio, il 42% della popolazione è favorevole alla proposta di legge.
L’altro 58% ha invece deciso di manifestare il proprio dissenso scendendo per le strade di Varsavia.
La manifestazione prende il nome di BlackMonday, poiché le manifestanti hanno deciso di vestirsi esclusivamente di nero.
«È inaccettabile che non si possa prendere una decisione, lo Stato non può arrogarsi il potere di decretare il nostro futuro e ancor meno i politici e chi governa la Polonia», ha dichiarato l’avvocatessa e attivista dei diritti delle donne, Karolina Wiekiewic.
L’abolizione o comunque la restrizione dell’aborto tendono a diminuire ancora di più lo spazio acquisito dalla donna.
Questo “sciopero in nero” è dunque nato dalle donne polacche, ma riguarda la possibilità che ogni donna ha di poter possedere il proprio corpo e di non essere in mano ad un governo che si impone in maniera cieca.
Persino le cattoliche praticanti, contrarie all’aborto, sono scese in piazza a rivendicare il libero arbitrio, principalmente in casi dolorosi come lo stupro.
Le docenti hanno sospeso le lezioni, le attività commerciali hanno chiuso, le madri non hanno portato i figli a scuola, in questo giorno in cui si è lottato per la rivendicazione del proprio potere come donna, come individuo.
Coloro che non hanno potuto lasciare il lavoro hanno indossato un nastro nero, per simboleggiare questa battaglia.
È dunque uno sciopero politico, poiché queste donne intendono far valere il loro radicale rifiuto per la subordinazione e la segregazione a ruolo di macchina riproduttrice, tentando di mutare la situazione attuale.
E ci sono riuscite davvero bene.
Difatti il Parlamento ha respinto la proposta delle nuove norme, facendo valere ancora le precedenti, già molto restrittive.
“Le manifestanti ci hanno fatto riflettere e ci hanno dato una lezione di umiltà”, afferma Jaroslaw Gowin, ministro della Pubblica Istruzione.
La protesta femminile ha portato quindi ad una vittoria schiacciante per le donne polacche, che sono riuscite a far arrivare il loro messaggio fino al Parlamento e a farsi sentire dando voce alla loro rabbia.
Giulia Sassoli